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lunedì 8 aprile 2013

C'era una volta la sinistra italiana

Copertina del n. 793 di Internazionale
Sono di debito con il mio blog di una riflessione sullo stato della sinistra, anche in considerazione dell'esito delle ultime elezioni politiche. Nonostante non siano ancora chiari gli sviluppi istituzionali che porteranno a soluzione la crisi e il vuoto che si è generato dopo le elezioni, si può fare una valutazione a freddo della situazione in cui versa la sinistra. 

Senza nascondersi dietro un dito, si può tranquillamente dire che la situazione è disastrosa. Partiamo dal risultato elettorale. I numeri sono impietosi: con Rivoluzione Civile al 2% e SEL al 3% la sinistra in Italia non supera il 5% dei consensi, la metà del risultato medio della sinistra nel resto dei maggiori paesi europei.

Rivoluzione Civile è un contenitore ormai vuoto come fu la Sinistra Arcobaleno dopo le elezioni del 2008. C'è da chiedersi se sia mai stato un progetto valido e pieno di contenuti. Certo le idee non mancavano, la partenza era stata interessante: un "parto naturale" di gruppi di compagni che, sui territori, da mesi si andavano interrogando se ci fosse una possibilità di essere sinistra anche in un'epoca di sfaldamento delle tradizionali forme del fare politica. Dopo un interessante addensamento di un'area culturale attorno a dei principi chiaramente antiliberisti, l'accelerazione imposta dagli eventi ha impedito di tradurre in qualcosa di concreto questa buona intenzione. Assecondare l'autocandidatura di Ingroia è stata una pessima scelta in quanto il buon procuratore non aveva né lo spessore politico né la capacità di trasmettere un messaggio nettamente "rivoluzionario" e di sinistra. Come era naturale, comunicativamente è passato solo un generico richiamo ad una maggiore moralità nella pubblica amministrazione. Ma non poteva certo bastare: in un momento di disfacimento del sogno liberista e capitalista, la sinistra deva saper offrire ben altre riflessioni e delineare scenari (e soluzioni) molto più articolati e "attraenti". Infine, le candidature non hanno tenuto conto dei territori e dei movimenti che inizialmente avevano visto in Rivoluzione Civile un'aria politica più respirabile.

SEL può vantare una magrissima vittoria di Pirro. Con un risultato elettorale sconfortante, solo grazie al Porcellum riesce a portare una quarantina di deputati in Parlamento. Ma quello che è più grave è stato l'allearsi politicamente con un partner dieci volte più grande: ciò ha fatto percepire inevitabilmente SEL come un elemento subalterno e schiacciato sul suo ingombrante alleato, relegato nel ruolo di una sorta di corrente esterna del PD. Il messaggio sbiadito e la collocazione in cono d'ombra hanno portato a SEL una vistosa emorragia di voti (verso Grilo) che ha dimezzato la "simpatia" (alla greca) che questo partito esercitava sugli italiani. Ora una più che probabile confluenza nel PD rende chiara una svolta politica che porta fuori SEL dall'orbita  della sinistra europea e la conduce nell'area del socialismo europeo. SEL non a caso in campagna elettorale ha costantemente eluso (se non a parole, nei fatti) il vero nodo della questione: rassicurare la troika (BCE, FMI, CE) e i mercati o parlar chiaro ai cittadini messi in ginocchio dalle loro politiche?

In questo scenario, con il PD che in continuo ed estenuante ondeggiamento, sedotto da Monti o forse no, milioni di voti sono volati verso il M5S e la frittata è stata fatta. Ora cosa resta? Agli italiani un difficile futuro prossimo, senza governo e senza maggioranza. Alla sinistra una nuova ripartenza da affrontare, nonostante le forze e le risorse siano ancora più risicate di prima. Chi vivrà vedrà. Certo che, in un momento così difficile, non è molto rassicurante vedere la sinistra in questo stato; la mancanza di una seria risposta politica alla crisi mondiale del capitalismo è la cosa che più mi preoccupa.